FULMINE A CIEL SERENO
Val di Scalve. Fine gennaio. Stefano
cammina davanti a me nella neve. Sono passati molti mesi dalla spedizione ma
qualcosa continua a non girare per il verso giusto. Dopo 50 minuti di marcia
cominciano i dolori dietro il ginocchio destro. Tutto come lo scorso giugno e poi al Khan Tengri.
Nulla è cambiato, nulla è guarito. La pace lascia spazio allo sconforto e alle
preoccupazioni. Il dolore diventa lancinante. Risonanza magnetica in arrivo.
I giorni successivi penso e
ripenso all’impossibilità di scalare. Un fulmine a ciel sereno. Rimane solo la
possibilità di dedicarmi interamente alla roccia per quest’anno, arrampicando su
vie che non richiedano più di mezzora di avvicinamento. Una limitazione
sconcertante alla voglia di esplorare e scoprire, ma anche una chance di
migliorare la tecnica in una disciplina in cui di certo non brillo.
Rimangono tante domande rispetto
all’impossibilità di approfondire la mia passione per l’alta quota e gli
ambienti estremi. Rimane l’amaro in bocca e la preoccupazione che un giorno le
alte vette potranno essere ammirate soltanto dal basso. Eppure noi non viviamo
per la montagna. Se c’è una lezione che nasce da questa fregatura è che la
montagna per noi non è un assoluto, ma semplicemente un mezzo per vivere più
intensamente la realtà e la vita. Si può vivere intensamente ovunque, basta
essere Uomini.
Intanto però si vende cara la
pelle! Aggrappiamoci alla roccia!
Nessun commento:
Posta un commento