lunedì 2 giugno 2014


ANNI '70: RITORNO ALLA REALTA'



"Welcome my son, welcome to the machine.
What did you dream?
It's alright we told you what to dream.
You dreamed of a big star,
He played a mean guitar,
He always ate in the Steak Bar,
He loved to drive in his Jaguar.
So welcome to the Machine"
Pink Floyd . Welcome to the Machine - 1975

Nel 1975 gli inglesi Pink Floyd pubblicavano l'album "Wish you were here", capolavoro assoluto della storia della musica. 
Seconda traccia dell'album, composta da Roger Waters, è "Welcome to the machine", straziante lamento di un uomo consapevole di essere nient'altro che un ingranaggio nella grande macchina della società industriale, in cui i desideri, i sogni, gli obiettivi della persona vengono imposti dalla società come attraverso una sorta di messaggio subliminale (i posti in cui mangiare, le auto da guidare, etc).

E' assolutamente vero che abbiamo perso il contatto con la realtà (la creazione per qualcuno), immersi come siamo in una realtà totalmente virtuale: televisione, computer, tablet, smartphone,... .
L'alpinismo in un certo senso per qualcuno nasce come riscoperta della realtà, quella vera, dove l'uomo riconosce in modo assolutamente cristallino di essere creatura e non creatore, dove le dimensioni degli spazi naturali rendono umile la ragione e la risvegliano dal torpore determinato da liste di cose da fare e stimolazioni digitali.
Nel silenzio di una notte in bivacco non ci si può mentire. 
Dimenticati gli affanni, le tasse, la spesa, gli hobby per riempire il tempo,... la ragione lavora e si interroga sulla sostanza di quello che ha visto durante la giornata: nevi perenni, nuvole, pascoli, acqua, la ruota del cielo stellato,... .

Tre anni dopo l'uscita di "Wish you were here", nel 1978, il grande alpinista inglese Peter Boardman scriveva "La Montagna di Luce", libro in cui racconta la difficile scalata della parete ovest al Changabang, nell'Himalaya indiano.
Il libro inizia con lo struggimento interiore dello scalatore per la "rovinosa corsa della vita urbana".
Si legge inoltre: "... ci vuole molta più sopportazione a lavorare in una città di quanta ne sia richiesta per scalare un'alta montagna. Ci vuole molta più pazienza a vedere le speranze e le ambizioni dell'infanzia distrutte e a sottomettersi alla routine giornaliera del lavoro che ti inserisce in un piccolo dente della ruota della civiltà occidentale. Alpinisti (...). Ma chi sono costoro? Occidentali eroi di professione? Parassiti in fuga che giocano all'avventura? Ossessionati disertori che vogliono fare qualcosa di diverso? Scontenti ed egomaniaci che non si assoggettano alla disciplina del conformismo?".

Forse gli alpinisti con questa coscienza sono semplicemente... uomini veri.

Claudio Pesenti









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